Con il suo Giorno dell'indipendenza ha vinto nel '96 il Premio Pulitzer per la narrativa. Nulla a che vedere con il titolo del film omonimo. Ford scrive da sempre di vita quotidiana e l'indipendenza per lui è un tema innanzitutto individuale. Ma lo sfondo della società americana è inconfondibile. Considera Carver, di cui è stato buon amico, uno dei suoi maestri. I problemi dei suoi personaggi possono essere moltiplicati per alcuni milioni e diventare questioni sociali, come quello della difficoltà delle relazioni, delle separazioni, dei divorzi, dei riflessi sulla vita dei figli: un tema che percorre come un filo rosso i suoi romanzi e le raccolte di racconti. Al festival della letteratura di Mantova, dove era con la donna con cui è sposato da 38 anni, ho provato a intervistarlo in una piccola piazza con traffico scarso, con lo sfondo della gente sul corso, quella gente comune che è la protagonista dei suoi libri. Impossibile. Ogni minimo rumore gli impediva di concentrarsi, gli rubava i pensieri. Il suo parlare è troppo denso, la costruzione del discorso sembra più europea che Americana, nessuna semplificazione. Abbiamo ripiegato su luoghi del centro un po' più isolati e solitari: è il tipo di luogo che lo aiuta a pensare, come a scrivere. Lui del resto vive in campagna, lontano dalla vita urbana di cui racconta e da quella New Orleans che la moglie ha, per professione, il compito di "ordinare", essendo responsabile dell'organizzazione dei servizi della città. Tra uno spostamento e l'altro alla ricerca del silenzio e della concentrazione, con suoni urbani che interrompevano il suo percorso logico, e quasi creavano situazioni da gag, l'intervista ha potuto trovare un suo filo, a partire, naturalmente, dalla vita quotidiana.