Se l'Italia fosse un paese laico abolirebbe l'ora di religione. Non solo non lo farà ma potrebbe introdurre anche l'insegnamento della religione islamica. Una questione di ‟par condicio”.
Tipica storia di spie all’italiana, ma questa volta con una gran brutta novità, anche per un Paese come questo: lo spionaggio è politico, e sono candidati alle elezioni (le regionali di un anno fa) gli spiati.
Frammenti di vita, pezzi di storia, nomi nuovi che riemergono come un appello postumo dopo 60 anni, dal dossier del governo sloveno sulle deportazioni senza ritorno del maggio 45 nella Venezia Giulia.
In una surreale atmosfera di déja vu, di replica di un tragico film già visto tre anni or sono, l’amministrazione Bush, l’Europa, le Nazioni Unite stanno apparentemente rimettendo in scena il copione della guerra in Iraq per applicarlo all’Iran.
Via via che gli anni passano, attorno all’8 marzo mi si addensa un agglomerato di rabbia impotente che non lascia alcuno spazio a festeggiamenti, e nemmeno alle cene allegramente separate che per molto tempo hanno connotato le donne italiane, e anche me.
Vive e lavora a Roma, viene da un paesino del Sud, ha ventotto anni, si è laureato da tre, guadagna mille euro al mese grazie a un contratto semestrale fin qui prorogato tre volte. Ci ha fatto da guida nella nuova terra creata dal lavoro flessibile.
Parla l’economista iraniano Saeed Leylaz: ‟Il petrolio è l'unico elemento di influenza dell'Iran sull'economia mondiale. Ma noi abbiamo bisogno di esportarlo: anche un solo giorno di fermo delle esportazioni sarebbe un disastro per la nostra economia”.
Funzionari sottoposti alla macchina della verità, proposte di leggi severe sulla rivelazione di segreti. Il direttore del New York Times” Bill Keller: ‟la Casa Bianca dichiara guerra in casa ai valori che dice di voler esportare”.
La sezione britannica di Amnesty International denuncia quello che sinora in Occidente nessuno aveva voluto ammettere: la lezione di Abu Ghraib non ha avuto il minimo effetto. In Iraq 14.000 detenuti sono tuttora privati dei loro più elementari diritti.
Parla Mohammad Reza Khatami, leader dei riformatori e fratello dell’ex presidente iraniano. ‟All’estero parliamo con gli europei, con i governi. Ma in Iran non abbiamo i mezzi, i giornali sono controllati rigorosamente”.
Un anno fa scrivevo sul manifesto ‟il mese più lungo”, il racconto del mio sequestro. È passato un anno: mesi di sofferenze fisiche e non solo, di speranze di uscire dal ruolo di ‟ostaggio”, di tentativi di elaborare il lutto .
Quindici anni fa sui muri della città c’erano enormi manifesti della Generalitat, del governo locale, senza immagini ma con su una semplice scritta: ‟Fez cultura”, fate cultura. E sembra che li abbiano presi sul serio.
Alleato con il suo nemico: Cecchi Gori riparte da Silvio. Gli disse: come Napoleone finirai a Sant’Elena. Ora gli ha scritto un biglietto per fare pace.
Bush e il primo ministro indiano Singh hanno raggiunto un accordo di cooperazione nucleare, nell'ambito di una ‟partnership strategica” che segna un visibile strappo dalla tradizionale politica indiana di non allineamento.
Oggi dio è dappertutto in politica: a Washington è presente nelle quotidiane preghiere mattutine alla Casa bianca; a Tehran impone la filiera nucleare; a Roma è ospite quasi ogni sera da Bruno Vespa a Porta a Porta.
Solo uno sciocco o un incosciente può illudersi che il fanatismo islamista non costituisca un pericolo gravissimo. Ma è proprio l’urgenza di organizzare una difesa, di tutelare i diritti, le libertà conquistate a rendere nevralgico il dibattito in corso.