"Che cosa non possiamo scordare? La fredda clinica dove è morta la mamma? O il quarto di pane quotidiano, simile a un mattone, pesante e umido? O la stella che nel maggio scorso c'era sopra alla piazza del Senato, così verde e solitaria?... Prendo quella stella, la rubo e me la porto nel sogno." E come un sogno a occhi aperti si svolge la vicenda di Sasa, una piccola emigrata russa che in una Parigi fredda e povera guarda se stessa con occhi estranei e assiste allo svolgimento della sua vita. Una vita mancata, quella di Sasa, per eccesso di fedeltà e di delicatezza; una vita precaria, mai vissuta davvero, ma solo transitata dagli eventi. Così come è mancata la vita di Alesa Astasev, il protagonista del primo indimenticabile racconto, anch'egli immigrato in una Parigi ostile, che cerca negli altri una ragione per vivere o meglio uno scongiuro contro la morte.
In queste due novelle Nina Berberova rappresenta due vicende come due misteriose metafore: e il potere della sua asciuttezza narrativa basta con poche incisive pagine a illuminare la vita dei suoi personaggi di una luce metafisica e conturbante, una luce che si riverbera sulla pagina disegnando gli abissi della lontananza e della solitudine.