In Italia si parla italiano. L’affermazione, che parrebbe pleonastica, è
invece parzialmente falsa. Non a causa di recenti immigrazioni dall’Africa o
dai paesi dell’Est: gli "stranieri", in casa nostra, siamo noi
stessi. Per scoprire questa realtà l’autore, giornalista sull’orlo della
cassa integrazione e alpinista pentito, si mette in viaggio nelle Alpi,
progettando di partire dalle Giulie, a est, e arrivare al Monte Bianco, a ovest,
in un’unica soluzione: lungo il percorso incontrerà i rappresentanti delle
culture minoritarie, depositari di lingue e costumi che l’isolamento secolare
della montagna ha contribuito a far sopravvivere. Sloveni, tedeschi, friulani,
ladini, walser, valdostani di dialetto patois, tutti con in tasca il passaporto
italiano e con la memoria di una lingua diversa. A volte, con la nostalgia di
una diversa patria.
Il progetto, che vorrebbe essere omogeneo e scientifico, fallisce. Il viaggio si
interrompe più volte, a causa del terrorismo internazionale e di più private
vicende professionali o familiari. In aggiunta, invece di concentrarsi sulle
culture alpine, il viaggiatore non sa trattenersi dalle divagazioni più
disparate: va, cioè, dove lo porta la curiosità o la contingenza, come un
Pinocchio che scappa da scuola per inseguire il circo. Incontra così una
galleria eterogenea di personaggi: poeti e maestri elementari, enologi e guide
alpine, industriali e albergatori, scultori e formaggiai, storici e linguisti.
Ognuno di costoro aggiunge un tassello a un mosaico alpino che, più si riempie,
più risulta vasto.
La fine del viaggio non ha un’unica morale. Alcune lingue sono destinate a
scomparire e diventare reperti archeologici; altre sopravvivono grazie alla
passione scientifica o politica di pochi; altre ancora sono usate dai politici
locali come potenti calamite di fondi pubblici. E il viaggiatore scopre che le
minoranze alpine non sono musei viventi, ma si nutrono degli strumenti del mondo
moderno. Con business aggressivi, minacce ambientali, omologazione televisiva,
ma anche, fortunatamente, con le stesse potenzialità culturali ed economiche
della società dominante.