Il tempo della storia è quello del colonialismo portoghese in Angola. E poi della guerra civile protrattasi fino a pochi anni or sono, guerra di potere e diamanti, di trafficanti di armi e governi corrotti, spacciata alla comunità internazionale per conflitto etnico. E in particolare degli anni settanta, che nel romanzo sono il tempo del ricordo, degli avvenimenti tragici che segnano i destini dei protagonisti. E infine un ‟qui, ora”, fine millennio sdoppiato nei luoghi e in due momenti a distanza di cinque anni. Gli scenari: Lisbona, la borghesia rampante, l’oblio in cui la società affonda il recente passato africano, le relazioni pericolose fra politica e malaffare, il neocolonialismo economico, il razzismo strisciante. E i luoghi dell’Angola martoriata, le sue città decadenti, distrutte.
La prima voce è quella di un uomo di nome Seabra, inviato a Luanda a ‟risolvere una questione” da parte di un fantomatico Servizio: l’eliminazione fisica di un personaggio misterioso. L’incarico richiede meno di una settimana e prevede la sospirata promozione. Invece passano cinque anni. Perduto nell’alcol e nel cuore di tenebra dell’Africa, Seabra ricostruisce la sua storia, le sue colpe, i motivi per i quali ha deciso di non ritornare alla vita normale. La seconda voce è quella di Marina, ‟l’obiettivo”. La terza è quella di Miguéis, cui viene affidato lo stesso compito di Seabra. Sono voci disarticolate, sovrapposte, vincolate alla realtà oggettiva e, al contempo, fantasmi che si affacciano dall’oblio e dal rimorso, recitano monologhi rendendo opaca la superficie delle cose, il senso della verità, la Storia.
In Buonasera alle cose di quaggiù Lobo Antunes prosegue la messa a nudo dei tabù che ancora sprofondano la storia recente del Portogallo in un’oscurità fatta di connivenze, rimozioni e revisionismi. Le lacerazioni determinate dalle grandi tragedie del colonialismo si traspongono sul piano testuale, investendo lo stesso processo di scrittura. Ogni testimonianza è un’illazione; ogni conclusione sembra smentire le ipotesi che l’hanno preceduta. Ancora una volta le verità impossibili, come la narrazione della Storia, si arenano ciclicamente nelle sabbie mobili del testo.