Una delle necessità del neoliberismo è di trovare metodi
efficaci di contenimento dell’antagonismo che inevitabilmente genera. Uno di
questi metodi è il cosiddetto "sistema del passero", sperimentato con
sanguinoso ma straordinario successo in Colombia e suggellato con la recente
elezione a presidente di Alvaro Uribe Vélez.
I primi paramilitari degli anni quaranta, epoca d’inizio dell'inesauribile
guerra civile colombiana, venivano infatti chiamati pajaros per la loro
capacità di agire e scomparire rapidamente, senza lasciare traccia. Da allora,
nel ricco e bellissimo paese latinoamericano, si sono accumulate centinaia di
migliaia di cadaveri di politici, sindacalisti e, soprattutto, povera gente
massacrati con sistematicità, mai casualmente, e nell'impunità più
scandalosa. "Il sistema del passero" rivela l'agghiacciante
evoluzione del paramilitarismo, dalle sue origini nella teoria statunitense
delle "guerre a bassa intensità" fino all'abbraccio con i signori
della droga e con l'oligarchia nazionale e, buon ultimo, con i guerrieri della
"Enduring freedom" che, come ricorda Bush dopo l'11 settembre, deve
essere "necessariamente sporca".
Ma il libro pone in risalto anche come la tendenza alla "privatizzazione
dell’uso della forza" vada ben al di là della Colombia e sia evidente in
tutti i moderni conflitti di ogni tipo: dall’utilizzo delle bande clandestine
parastatali, fino all’uso, ormai consueto in continenti come quello africano,
delle Military Private Company.