“Nelle vetrine cerchiamo i nostri sogni. Sogni che qualcuno ha sognato per noi e poi ci ha convinto essere nostri”
Al centro delle storie che Renga viene raccontando c’è un uomo che si aggira raccogliendo oggetti, apparentemente senza ragione. Un mazzo di chiavi. Un aquilone. Una vecchia sveglia. L’uomo raccoglie quello che trova in una stanza illuminata dai raggi del sole che passano tra le assi malferme del tetto. Sono piccoli oggetti che assumono via via la forma di ali. Ali che hanno fatto volare? Ali che non voleranno mai? Vero è che sono scampoli di vita delle persone che li hanno posseduti, usati, persi. Finestre aperte su altre esistenze. E finestre su altre esistenze o su segmenti diversi della vita dell’io narrante sono le storie che fanno da corona a questo episodio. L’infanzia dolceamara della campagna. L’adolescenza che morde il freno. La vita adulta avvitata dolorosamente intorno alle fatiche della vita coniugale. La morbida eleganza di un corpo di donna. Attraverso continui flashback, i singoli episodi vengono stabilendo la distanza fra il superstite che ora si guarda esistere e la forza del suo passato, fra la sua inadeguatezza e l’ansia di volare via. Lo si potrà fare con ali di ferro e cartone?
La felicità fa paura. La cerchi ma in realtà speri sempre di non trovarla mai per davvero, e anche quando sotto sotto senti di averla a portata di mano, fai finta di niente, la ignori. Per paura che qualcuno se ne accorga e possa strappartela dalle braccia.”