“Esiste il rischio di creare uomini e donne d’allevamento, paghi di soddisfare bisogni primari e secondari”
Ognuno di noi è il risultato di un corpo ricevuto per eredità biologica e di stampi anonimi (lingua, cultura, istituzioni) le cui impronte rielabora in forma inconfondibilmente personale. A lungo, in Occidente, questi processi d’individuazione sono stati garantiti dalla fede nel loro inamovibile fondamento: l’anima immortale. Con la progressiva erosione di tale sostegno, ha inizio la consapevole costruzione dell’individualità mediante gli strumenti artificiali della politica e dei saperi scientifici. Attraverso tecniche di ingegneria umana il potere, interiorizzandosi, rende il singolo più facilmente plasmabile, invadendone la coscienza. Nello stesso tempo, la disarticolazione e la scissione del presunto carattere monolitico della personalità permettono una sua diversa ricomposizione entro inediti orizzonti di libertà. Un’evoluzione che seguiamo dalla fine del Seicento fino alle soglie del presente e che trova un punto focale nella fase politica d’incubazione e sviluppo dei fascismi e in quella filosofica, scientifica e letteraria del fiorire di progetti di potenziamento o di negazione dell’individualità e di sviluppo delle scienze della vita. Come sottrarsi all’oblio dei condizionamenti che ci hanno plasmato e dei desideri che ci orientano? Come rapportarci al “demone che tiene i fili” del nostro destino, rendendoci conto di come siamo divenuti quel che siamo e di ciò che potremmo ancora essere?