“È possibile guardare alla follia con occhi rinnovati dalla esperienza mai finita del dolore”
Quale è la realtà della follia, e quale la sua immagine? In che relazione sta con le comuni esperienze di dolore o di malinconia? Come tutto ciò finisce per condizionare la creatività? E in che modo dovrebbe porsi una psichiatria realmente umana? Eugenio Borgna, nel tentativo di dare risposta a domande come queste, interroga quanti hanno provato a esprimere il senso delle lacerazioni dolorose o delle tormentose inquietudini sperimentate nelle loro vite. Ci introduce così, come in un’ideale galleria letteraria e artistica, ad alcune delle grandi opere che aiutano a cogliere un’altra immagine della follia: quelle di pensatori come Nietzsche o Kierkegaard, di poeti come Georg Trakl, Nelly Sachs e Paul Celan, di scrittori come Virginia Woolf, o di pittori come Friedrich o Böcklin, di registi come Bergman o Lars von Trier. Al centro del libro resta il significato della follia come epifania del dolore, come destino, come esperienza creativa. La follia che rende possibile una più ampia comprensione di quello che noi siamo nella nostra fragilità, e di quello che è il mondo nella sua insondabile complessità.