Il Palazzo d’Inverno di Pechino era luogo di meraviglie e splendore. Ma il suo nome era anche Città proibita. L’imperatore della Cina, che deteneva il potere più alto, era prigioniero del suo palazzo, proprio in virtù di quel potere. Anche la maternità è un Palazzo d’Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. Per secoli, anzi, è stato l’unico potere concesso alle donne, e oggi torna a essere prospettato come il più importante: l’irrinunciabile, anzi. Lo ribadiscono televisione, giornali, libri, pubblicità, blog: perché volere tutto se si può essere madri, possibilmente perfette? Alle donne, in nome del nuovo culto della Natura, si chiede dolcemente di allattare per anni e di dedicare ogni istante del proprio tempo ai figli: si dice loro che tornando a chiudersi in casa, facendo il sapone da sole e lasciando libero il proprio posto di lavoro salveranno il paese, e forse il mondo, da una crisi economica devastante. Oppure, se proprio vogliono lavorare, devono diventare "mamme acrobate" in grado non solo di conciliare lavoro e famiglia, ma di farlo con il sorriso sulle labbra e la battuta pronta, magari per raccontarsi su blog che sono il territorio di caccia preferito per tutte le aziende che producono passeggini e detersivi. Intanto, nell’Italia dove il mito del materno è potentissimo, per le madri si fa assai poco sul piano delle leggi, dei servizi, del welfare, dell’occupazione, dell’immaginario: e nella riproposizione dei cliché sembra profilarsi per le giovani donne quella che potrebbe non essere più scelta, ma Destino. Ma invece di unirsi, le donne si spaccano. Le fautrici dei pannolini lavabili contro le ‟madri al mojito”, che non disdegnano una vita sociale e lavorativa accanto agli impegni genitoriali. Le madri totalizzanti contro le madri dai mille impegni. Natura contro cultura. Femminismi contro femminismi, anche: perché moltissime giovani donne rivendicano una maternità esclusiva contro le madri "che erano anche altro". Contro le loro madri, in effetti.