“Caro sindaco, prima di morire devo dirlo a qualcuno: nell’inceneritore abbiamo smaltito la roba di Seveso.” Siamo a Mantova nel 2002 e chi parla è un anziano ex operaio della Montedison. È da poco deflagrata la notizia che una ricerca epidemiologica ha riscontrato tra gli abitanti della zona contigua al petrolchimico di Mantova una frequenza anomala di sarcoma dei tessuti molli, un tumore correlabile direttamente con la presenza di diossina. Ma è possibile che i resti tossici del più famoso disastro ecologico italiano siano finiti nell’inceneritore di Mantova, quando invece si è sempre sostenuto che fossero stati mandati fuori dall’Italia?
Quando scoppia il caso, già da molti anni Paolo Rabitti, ingegnere mantovano, si sta specializzando nello studio e nella lotta contro le violazioni della normativa ambientale. È stato consulente di Felice Casson nel processo al petrolchimico di Porto Marghera e fa molte domande scomode sull’inquinamento a Mantova. Rabitti non si accontenta di rassicurazioni vaghe: nella sua città ci sono molti più pericoli per la salute di quello che si crede e lui vuole sapere perché. Con tenacia, competenza e passione, Rabitti si mette alla ricerca delle tracce di quella che sarebbe una terribile connessione tra Mantova e Seveso.
Dalle prime indagini sull’inquinamento dell’aria di Mantova, fino alle ricerche sulla presenza di diossina nel sangue dei mantovani, passando per una completa revisione di tutto quello che si sa del disastro di Seveso, Rabitti racconta in questo libro più di un decennio di ricerche: un giallo appassionante, un’inchiesta su un mistero italiano e il romanzo di formazione di un cittadino che per difendere i beni comuni lotta con le armi della scienza, dell’indignazione e della coscienza civile.