Le rappresentazioni più comuni del contesto internazionale attuale insistono sul restringimento del mondo prodotto dalla crescita delle relazioni economiche e finanziarie e dallo sviluppo delle tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni. Ma, quasi sempre, esse trascurano il fatto che il passaggio al ventunesimo secolo ha seguito un andamento opposto sul terreno diplomatico, strategico e ideologico. Su questo terreno, il vero secolo globale è stato il Novecento: il secolo delle due guerre ‟mondiali”, appunto, della guerra fredda, della decolonizzazione, dello scontro tra due ideologie di portata universale quali la democrazia liberale e il comunismo. Mentre, con la chiusura di queste vicende, l’eccezionale coerenza del mondo bipolare ha lasciato il posto a un sistema internazionale nel quale le diverse aree regionali continuano a essere in contatto tra loro grazie alla globalizzazione dell’economia e dell’informazione, ma nel quale ogni regione tende sempre più ad abbracciare protagonisti, interessi, conflitti e linguaggi diversi. Tale scomposizione è un potentissimo fattore di instabilità: accentua le differenze istituzionali e culturali tra le diverse regioni, aumenta il peso delle gerarchie di prestigio e potere al loro interno e, in questo modo, apre la strada a nuove diffidenze e competizioni sulla sicurezza. Ma, soprattutto, tale scomposizione rende sempre più inadeguate le risposte di portata globale, anzi rischia di trasformarle da fattori di ordine in fattori di disordine internazionale.