La Coruña, notte del 18 agosto 1936: sulla darsena del porto e in varie piazze della città ardono grandi pire. Ma non si tratta delle tradizionali fogueiras accese per animare le sagre popolari estive: sono i franchisti che, un mese dopo il golpe, stanno dando fuoco alle principali biblioteche della città per cancellare ogni traccia del passato repubblicano. La Coruña diventa così un modello di sofferenza universale, sottolineando come il controllo sistematico sulla lingua e la cultura non sia stato un semplice corollario della dittatura ma una delle sue prime preoccupazioni. Bruciare i libri significa sì ucciderne le idee, ma anche e soprattutto gli uomini e le storie che le loro pagine racchiudono. Attorno a questo evento, a questo buco nero, ruotano come pianeti le linee narrative e i personaggi in un carosello di voci senza fine: tra i deliri intellettuali del dottor Montevideo e le raccapriccianti esecuzioni di Federico García Lorca e dell’editore corugnese Ánxel Casal, tra gli abusi di potere del giudice Ricardo Samos, spalleggiato dal torvo ispettore Ren, e le mulleres con cousas na cabeza della pittrice e spia repubblicana Chelo Vidal, tra il censore Tomás Dez, simbolo dell’anticultura fascista, e l’affascinante figura di Terranova, viveur amante del bel canto e delle feste paesane aiutato dall’amico e pugile Curtis. Un’atmosfera di terrore e oscurantismo troppo nauseabonda per non far riecheggiare nella nostra memoria le atrocità che in quegli stessi anni il fascismo perpetrava in Italia.