Quali caratteri psicologici contraddistinguono i nati tra 1968 e 1978? Che aspirazioni hanno? Che difficoltà incontrano? Ci sono elementi sufficienti per tratteggiare i contorni di una generazione di trentenni europei e farne un ritratto sufficientemente fedele? Secondo la psicoterapeuta settantenne francese Françoise Sand, una cosa che balza subito all'occhio nei colloqui con questi giovani è che quanto andava da sé per le generazioni precedenti – come lasciare la casa dei genitori, entrare nella vita professionale, sposarsi, avere bambini, insomma diventare adulti – è diventato per loro un'esperienza diluita nel tempo e comunque difficile da affrontare. Inoltre questi trentenni tendono ad anticipare le difficoltà della vita coniugale, le temono prima ancora che si presentino, quando non cercano addirittura di evitare ogni impegno in tal senso. Sono apparentemente liberi, individualisti, professionalmente precari, in buoni rapporti coi genitori. Presentano molti tratti adolescenziali e non si considerano adulti prima dei trentacinque anni, nella loro rivendicazione di leggerezza e nella loro rincorsa a felicità, benessere, salute, giovinezza. In molti studiano ancora e non sono già padri e madri, e sempre più spesso le donne tendono a rimandare fino ai quaranta la prima gravidanza. Si tratta di una generazione volubile, che si dà un gran daffare senza mai fissarsi definitivamente, una generazione che, se gode di un'inedita possibilità di realizzazione personale, si trova però anche a porsi domande dolorose sul senso della propria vita. Dura circa un decennio questa loro labirintica ricerca dell'identità adulta, ed è proprio questo arco di tempo che Françoise Sand cerca di descrivere e capire, in un libro che analizza le cause psicologiche e sociali della post adolescenza dei trentenni, suddiviso in capitoli tematici che si chiudono con brevi casi esemplari.