Cos’è la memoria? Cos’è il passato? Cosa resta delle vite e delle morti di chi abbiamo amato, di chi ci ha preceduto? Riflessioni universali, che diventano lancinanti quando si applicano al passato di un ebreo, polacco e comunista, cresciuto nel dopoguerra in una patria che l’ha poi rinnegato.
Wlodek Goldkorn è da molti anni una voce conosciuta della cultura italiana, ha intervistato grandi artisti, scrittori, premi Nobel, e raccontato molte storie – mai la sua personale. Quella di un bambino nato da genitori scampati agli orrori della seconda guerra mondiale, che abitava in una casa abbandonata dai tedeschi in fuga, ancora piena di piatti e mobili provvisti di svastica, che crebbe nel vuoto di una memoria familiare impossibile da raccontare, impossibile da dimenticare, impossibile da vivere.
“Poi, capita che nascano i nipotini. E arriva il momento in cui ci si pone la domanda: come dire loro l’indicibile? Come trasmettere la memoria?” Ecco allora un viaggio di ritorno: a Cracovia, a Varsavia, ad Auschwitz, a Bełz•ec, a Sobibór, a Treblinka. E un viaggio nella memoria, da ricostruire, da inventare, da proiettare nel futuro: i genitori, gli amici, gli eroi e le vittime, il ragazzino che gioca con i compagni nel cortile fingendo di essere ad Auschwitz, l’uomo che sceglie Marek Edelman come maestro di vita, il nonno che deve raccontare ai nipoti la storia. Un viaggio che non ha paura di spingersi nel buio più profondo del Novecento, senza perdere la chiarezza dello sguardo, il disincanto di chi sa che ogni ricordo è anche fantasia, che essere figlio dell’Olocausto non significa immedesimarsi nelle vittime ma deve portare alla rivolta. Senza perdere la forza morale di chi pensa che “la venuta del Messia sarà irrilevante.
E per questo dobbiamo fare come se lo aspettassimo”.
“Ma poi, cosa è Auschwitz? Cosa ne rimane? E cosa deve rimanere? Per me, prima di tutto Auschwitz è un cimitero. Il mio cimitero di famiglia.”