“È il suo capolavoro” Philip Roth
L’ambiente è quello descritto così bene da Louise Erdrich ne La casa tonda e nei suoi romanzi precedenti: le riserve indiane degli stati settentrionali americani, quelli al confine con il Canada. Il North Dakota. Qui il romanzo si apre, all’inizio del Novecento, con la breve descrizione di una strage. Una famiglia viene sterminata: sopravvive, aggrappata alle sbarre del suo lettino, solo una bambina. Questo delitto – mai risolto nel corso del tempo – è soltanto la prima di una lunga serie di vicende, drammatiche e comiche in giusta misura, che ci vengono raccontate di volta in volta da Evelina Harp, controfigura dell’autrice, dal nonno, il vecchissimo Mooshum, grande affabulatore di aneddoti e tall stories nella antica tradizione pellerossa, e dal giudice Antone Bazil Coutts, un sanguemisto che dopo aver diretto per anni un cimitero occupa lo scranno di magistrato, ed è delegato a dirimere le piccole controversie locali secondo le leggi tribali in vigore. Un libro emozionante come pochi altri.