Nel novembre del 1999 Giuseppe Cederna parte, con alcuni amici, per il
Nord-Ovest dell’India (le Hills Himalayane), meta di un pellegrinaggio hindu,
ancora vivissimo, verso le sorgenti del fiume sacro per eccellenza, il Gange.
Guidato, come in ogni grande viaggio di iniziazione, da una serie di coincidenze
(un generoso interferire di letture, mappe, personaggi letterari e persone in
carne e ossa, memorie e sogni), percorre in auto e a piedi la via delle Sorgenti
e delle Confluenze. E, al ritorno a Delhi, ha un appuntamento con l’amica
Paola: non l’ha seguito ma, alla fine di un suo viaggio parallelo in Kosovo,
sarà là ad aspettarlo. Questi i patti, questa l’attesa. Questa la premessa
di un dolore.
Il grande viaggio è una storia, un racconto in cui si fondono lo stupore del
cammino dentro una natura che ancora si manifesta come ignota e miracolosa (le
cime, gli dei che le abitano, le acque purificatrici dei fiumi, il trotto di un
leopardo), gli incontri straordinari (con nomadi ed eremiti ma anche con i
movimenti che si battono contro le grandi dighe e per la conservazione degli
equilibri naturali), la riconquista – proprio attraverso il filtro della
distanza – di una dolcissima vicinanza al sé più profondo e alle immagini
dell’infanzia (i monti della Valtellina, la casa di famiglia, la figura del
padre che torna per un simbolico passaggio di testimone).
Un libro emozionante, visivo, spirituale. Un libro speciale come il
"pellegrino" che lo ha scritto: negli interstizi del racconto appaiono
immagini, segni grafici, stilizzati profili di catene montuose, foto di
famiglia, biglietti ferroviari, santini, fogli vergati da mani amiche.