Agli estremi confini del mondo conosciuto, fra le tempeste e i ghiacci del
Mar Nero, c’è una città selvaggia e poco abitata, Tomi, il luogo dell’esilio
di Publio Ovidio Nasone. In una totale trasmutazione di tempi, in completo
anacronismo, giunge a Tomi un amico di Ovidio, Cotta, determinato a trovare
tracce del poeta e del suo capolavoro incompiuto, Metamorfosi, forse
da lui stesso distrutto. Esiliato da Augusto, o dalla sua corte di oratori e
politici, dopo aver tenuto un discorso meraviglioso per l’inaugurazione di un
nuovo stadio, senza però rendere il consueto e doveroso omaggio all’imperatore,
Ovidio pagherà con gli anni della solitudine, fino alla sua morte, la sua
denuncia di scandali politici o, forse, la sua innovativa libertà poetica e l’erotismo
dei suoi versi.
La singolarità di Il mondo estremo fa sì che il lettore ritrovi,
attraverso la ricerca dell’amico Cotta, un mondo – siamo ai giorni nostri
– in cui il mito si trasfigura in realtà. Allora, alla sera, nella piazza
desolata di Tomi, giunge Cypari, un proiezionista nano del Caucaso, che mostra
un film d’amore disperato in cui la bella Alcyone diventa un uccello. Cotta
troverà presso Tomi, a Trachila, la casa di Ovidio. Lo aiuterà un servo,
Pitagora di Samo e, nel folto dei boschi cupi e terribili, sotto una coltre di
lumache striscianti, appariranno delle pietre con i versi incisi da Ovidio. E
ancora, in una memorabile alba, mentre si consumano i riti del carnevale,
apparirà uno strano corteo di pazzi, travestiti chi da dio Sole, chi da Medea,
chi da Orfeo… strani personaggi recitanti strani versi di un’opera distrutta
dall’autore: Metamorfosi.