Erano i primi anni settanta quando il movimento gay cominciò a far sentire la propria voce anche in Italia, per rivendicare diritti che la maggioranza delle persone riteneva addirittura impensabili. Da allora molte cose sono cambiate nella percezione sociale dell’omosessualità, anche (forse soprattutto) grazie al movimento di cui questo libro racconta le vicende. Antenata del movimento gay è la categoria culturale di omosessualità, coniata nel diciannovesimo secolo attraverso il lavoro congiunto e contraddittorio di psichiatri e "militanti", che letteralmente crea gli omosessuali come gruppo sociale a parte e dà loro un’immagine, anche se per lo più negativa. Da qui la paziente, spesso solitaria, presa di coscienza che rovescia il cliché negativo, afferma la dignità del desiderio omosessuale e pone la domanda di piena legittimazione sociale. Le prime battaglie del movimento per i diritti degli omosessuali si svolgono a inizio secolo in Germania e in Gran Bretagna, per l’abolizione delle leggi penali contro la sodomia. La fase "preistorica", che non raggiunge i propri obiettivi, si interrompe con la seconda guerra mondiale. L’Italia, nel frattempo, è considerata un paradiso omosessuale per la mitezza delle sue leggi, è meta di pellegrinaggi erotici dai paesi del nord Europa e preda del "si fa ma non si dice" imposto dalla morale cattolica. Cosa che non favorisce la formazione di una forte comunità gay, come avviene altrove. Bisogna attendere il ’68 perché alcuni omosessuali decidano di "uscire fuori" saldando le proprie esigenze di riconoscimento alle parole d’ordine dei movimenti giovanili. La prima tappa del movimento gay italiano rientra nella più generale storia della nuova sinistra degli anni settanta. Nella seconda, negli anni ottanta, si tenta di istituzionalizzare l’omosessualità e ottenere leggi di tutela come leva simbolica per cambiare la mentalità collettiva. Il libro, documentando questo percorso accidentato, finisce per fare anche la storia dell’omofobia e dell’integralismo in Italia.