“La memoria è un vizio, un ingombro indesiderato che si vorrebbe annullare nell’illusione di essere più ‘liberi’.”
Gherardo Colombo è stato un protagonista delle grandi inchieste giudiziarie degli anni ottanta e novanta in Italia. La sua azione di magistrato non è stata un caso, un puro accidente, ma il prodotto di un ben preciso percorso umano. Ed è per questa ragione che i ricordi di indagini e processi si intrecciano, nel racconto di alcune pietre miliari della storia giudiziaria italiana, alle riflessioni sui valori della famiglia, dell’educazione e sul proprio itinerario formativo. Le vicende narrate sono quelle vissute in prima persona da un giovane uomo, e poi un magistrato, che vive il fermento del Sessantotto e assiste alla sua degenerazione violenta, sfociata negli omicidi dei colleghi Alessandrini e Galli. Aderisce, fresca recluta del corpo giudiziario, a Magistratura Democratica perché è la corrente in cui vede rappresentati i principi in cui crede, quelli di uguaglianza e proporzione. Ed è tenendo saldi questi principi che Gherardo Colombo conduce la sua azione professionale: dalle indagini sull’omicidio Ambrosoli alla clamorosa inchiesta su Licio Gelli e la Loggia P2, con i “tronconi” che ne derivano; dall’incontro con Giovanni Falcone alla partecipazione e consulenza alla Commissione Stragi. Fino all’inchiesta “Mani Pulite”, con il clamore mediatico che comportò. Storie che sembrano distinte tra loro, ma sono in realtà legate da un filo sottile, che unisce passato, presente, futuro e che è fondamentale preservare: il filo della memoria.