“Forse l’amore ha il privilegio di essere la sola cosa su cui non si possa riflettere prima, ma soltanto dopo?”
Primo dei cinque scritti che compongono l’opera polifonica Stadi sul cammino della vita (1845), In vino veritas è una brillante rivisitazione in chiave moderna del Simposio platonico. Cinque commensali si danno appuntamento per un banchetto e finiscono a discutere d’amore: ritroviamo Johannes, già autore del Diario del Seduttore, Victor Eremita, l’editore di Enten-Eller, Constantin Constantius, autore de La ripetizione, un Giovane e uno Stilista di moda. Se il Giovane inesperto guarda all’amore e al rapporto tra i sessi con un’idealità che poco si concilia con la concretezza della vita, lo smaliziato Constantin racconta invece la storia di un’esperienza reale declinandola nell’ottica disimpegnata del gioco, dello scherzo, mentre Victor discetta della trasformazione spirituale che il rapporto con il femminile causa nell’uomo. Il tono diviene solo apparentemente frivolo quando lo Stilista dichiara che la natura femminile si rivela autenticamente solo nel rapporto con la Moda, e infine Johannes il Seduttore si cimenta in una lode della donna, disconoscendo quanto detto dai suoi convitati: “Il sesso femminile, lungi dall’essere più imperfetto di quello maschile, è al contrario il più perfetto”. In una cornice struggentemente romantica, ironia e arguzia squarciano il velo della malinconia, per rivelare la profondità dialettica che si cela dietro la superficie delle scelte amorose.