Julian Assange ha un allarme da lanciare a ciascuno di noi, navigatori quotidiani, felici utenti dei social network, amanti dello shopping online. Noi che crediamo di essere liberi e non lo siamo. Noi sorvegliati speciali, intrappolati in una rete che consideriamo democratica, ma dietro cui si celano poteri nascosti che in ogni istante decidono per noi e spesso contro di noi.
Siamo vittime di una guerra di nuovo tipo e non lo sappiamo: una ‟crittoguerra” in cui la posta in gioco è l’accesso all’informazione, la tracciabilità dei comportamenti, il riorientamento delle nostre più intime abitudini di vita. Una crittoguerra in cui i più forti sanno rendere inaccessibili le informazioni che li riguardano, e i più deboli si ritrovano nudi, completamente esposti agli strumenti che vagliano senza sosta quell’immensa banca dati che è il web, nato come grande promessa di democratizzazione e divenuto implacabile strumento di controllo.
Ecco perché Internet è diventato il nemico, come Julian Assange denuncia in queste pagine firmando un testo che è già un libro di culto, nato durante la detenzione a seguito dello scandalo WikiLeaks.
E se ormai tutti gli stati, gli eserciti, le multinazionali si stanno attrezzando a combattere un nuovo tipo di conflitto, condotto sulla rete da veri e propri ‟ciberguerrieri”, una strategia di resistenza dovrà ricorrere a strumenti analoghi nel tentativo di ribaltare la situazione. Dovrà sottrarre il cittadino all’incessante radiografia informatica dei suoi comportamenti, e sottoporre a verifica pubblica la miriade di operazioni con cui un pugno di attori sposta in un clic capitali e informazioni, progetta guerre o occulta notizie, crea ricchezza o miseria ai quattro angoli del pianeta.