La relazione fra Sabina e Franco è vitale, appagante, ricca di futuro. Eppure, quando resta incinta, Sabina preferisce lasciare all'oscuro il compagno, ‟staccare” e passare il Natale in America dove da molti anni si è trasferito il fratello. L'idea di dar forma a una famiglia la costringe a riflettere sulla sua, sull'apparente lindore e rigore che la memoria del padre e della madre continua a restituirle. Una memoria accecata. La vacanza americana diventa in realtà un feroce faccia a faccia con un passato improvvisamente tetro, ferito, rimosso in cui si muovono i fantasmi della violenza, dell'abuso, della connivenza. Di fronte all'imminenza della maternità e all'artiglio di domande troppo ingombranti, Sabina si sente intrappolata in una ragnatela senza apparente via di fuga. La passione può tollerare limiti e norme? Fin dove possono arrivare i diritti della ‟bestia” che abbiamo nel cuore?
‟Sabina gira con la mente per le stanze dell'appartamento in cui sono cresciuti. Tutto è immobile, appena dissotterrato da un archeologo, gli oggetti coperti da un sottile strato di cenere. Loro quattro fissi nelle stanze, in alcuni atteggiamenti, sorpresi dalla sua entrata improvvisa. Da bambina, prima di addormentarsi, immobilizzava il mondo, le persone: lei era l'unica in grado di muoversi, di rubare gli oggetti, di fare scherzi. Così è ora con loro quattro sepolti nella casa, cerca le abitudini, il modo in cui vivevano, i loro sentimenti.”