Speciale: Abel. Il ritorno di Alessandro Baricco al romanzo
Un contributo originale di Baricco sulla nascita del libro, interventi di Alessandro Mari, video e molto altro. Uno speciale in progress dedicato ad Abel. Dopo oltre 8 anni da...
Gabriel è un ragazzo innamorato delle parole, soprattutto di quelle che è impossibile tradurre in altre lingue – come la giapponese Wabi sabi, che esprime l’autenticità dell’imperfezione, o come iktsuarpok, con cui gli Inuit dell’Artico intendono l’irrequietezza nel controllare se qualcuno sta arrivando oltre l’orizzonte. Parole uniche e sole, come solo si sente Gabriel quando muore sua nonna, con cui viveva. Confuso e smarrito, viene accolto nella casa affidataria della signora Michiko in un rione storico di Roma. Si trova così ad abitare sotto lo stesso tetto con ragazze e ragazzi segnati da storie irreparabili, come il piccolo Leo, come Chiara, che conosce le stelle ma non l’amore, o Greta, sempre concentrata a scrivere messaggi al cellulare, come il minaccioso Scar e Amina, con la sua indicibile esperienza di migrazione.
Michiko segue i suoi giovani ospiti rammendando le giornate bucate con tazze di tè fumante, dialoghi pazienti, storie di paesi lontani: parole e gesti piccoli che restituiscono la grandezza dell’universo. Fuori c’è il mondo che conoscono, caotico, ingiusto, a tratti violento, ma nella casa della signora giapponese sono al riparo. Finché un giorno quell’armonia si spezza, e i ragazzi d’un tratto si sentono più orfani di prima. Fa male, ma dura poco: presto scoprono di sapersi fidare l’uno dell’altra, di saper fare famiglia. È l’inizio di una ricerca per le strade di Roma e dentro sé stessi, dove ciascuno mette a frutto il proprio intuito, le proprie qualità – e porta allo scoperto le proprie ferite.
Un romanzo d’esordio emozionante, ricco di curiosità e sapere, da cui imparare con grazia e gentilezza.
Io penso che dopo il passaggio di un amore infelice, o dopo un colpo da levare il fiato, uno dovrebbe semplicemente alzarsi ed essere fiero delle sue cicatrici. La ferita diventa una medaglia al coraggio, il nostro modo di gridare al mondo che abbiamo imparato a resistere.
Nato a Roma nel 1990, Valerio Principessa intraprende studi scientifici e si laurea in Ingegneria Gestionale presso l’Università “La Sapienza” nel 2014. Dopo aver mosso i primi passi nell’ambito della …