“Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.”
La bombe della Seconda guerra mondiale imperversano su Torino, ma in collina, dove Corrado, insegnante di chimica in un istituto della città, si ritira ogni sera, la vita continua imperturbabile. Tra le passeggiate solitarie con il cane Belbo, gli impacciati rapporti con le due donne che lo ospitano, l’incontro casuale con un gruppo di operai che si riuniscono in un’osteria, Corrado ritrova anche un vecchio amore di gioventù, Cate, ora madre di un ragazzino. Tra boschi e frutteti a prevalere è il ritmo delle stagioni, il cui ciclo incessante sembra l’unica verità possibile, più reale del trascorrere lineare degli anni. Ma a volte la storia esilia il mito, e gli anni si vendicano del culto delle stagioni. È quel che accade nell’estate del 1943, con la caduta di Mussolini, l’armistizio e la creazione della Repubblica di Salò. Mentre tutti intorno a lui – gli amici dell’osteria, i colleghi di scuola, Cate, e persino il figlio ragazzino di lei – prendono posizione, affrontano il tumulto, Corrado deve finalmente fare i conti con le proprie personali miserie. Come mostra Matteo Marchesini nella sua illuminante introduzione, “La casa in collina è il referto di un nascondimento impossibile [...]. Il professor Corrado, che [...] vede la sua giovinezza sparire senza per questo approdare alla maturità, e che deve sostenere un confronto impari con chi, mentre lui stagnava nella solitudine, ha imparato ad affrontare la vita, è l’alter ego pavesiano più credibile e più spietatamente ritratto.”