"Il vero tema del libro è la collocazione dell'artista nel mondo e
nella storia: dell'uomo che non 'fa' come un essere umano, ma che 'crea'
come Dio – quantunque solo apparentemente. L'artista è per sempre escluso
dalla realtà ed esiliato nella 'regione vuota della bellezza'. Il suo
giocare con l'eternità – e questo gioco ammaliante che chiamiamo bellezza
– si muta nel 'riso che distrugge la realtà', il riso che scaturisce dall'intuizione
terribile che la creazione stessa, e non solo il tentativo giocoso dell'uomo
di farsi creatore, può essere distrutta. Con quel riso il poeta 'si abbassa
al livello della massa', della cinica, degradante volgarità a cui era stato
condotto nella sua lettiga attraverso i bassifondi di Brindisi… Poiché il
divario tra 'non più e non ancora' non può essere colmato con l'arcobaleno
della bellezza, il poeta è destinato a ricadere nella 'volgarità […] dove
la volgarità giunge al suo punto più basso, nella letterarietà'. Da questa
intuizione scaturisce al decisione che diviene il tema centrale della storia, la
decisione di bruciare l'Eneide, di far 'consumare l'opera dal fuoco
della realtà'… È in questo momento che entrano in scena gli amici, che
cercano di impedire quelle che chiaramente sono solo delle allucinazioni
febbrili di un uomo morente. A ciò segue il dialogo tra Virgilio e Ottaviano
– uno dei brani più intensi e veritieri dell'intera storia della
letteratura – che si conclude con la rinuncia a questo sacrificio." Hannah
Arendt