“Vincerò il mio processo solo in appello. Scrivo solo per essere riletto.” André Gide
Dapprima compagni di giochi durante le vacanze estive, i cugini Jérôme e Alissa non tardano, crescendo, a sviluppare l’uno per l’altra un attaccamento più forte, un amore alimentato anche dal comune interesse per la lettura e dalla condivisione di una fede profonda. Dal piacere che traggono dalla reciproca compagnia prendono presto forma progetti per un matrimonio da celebrare appena diventati adulti. Ma quando scopre che la sorella minore nutre per il cugino i suoi stessi sentimenti, Alissa decide di farsi da parte e vede in questo sacrificio uno strumento per avvicinarsi a Dio. È il primo passo di una spirale di ascesi spirituale e fisica sempre più estrema, che Jérôme non avrà la forza, o la determinazione, di interrompere. Questo racconto, da Gide presentato come pendant ideale a L’immoralista, venne da molti interpretato come una dichiarazione di “conversione” da parte dell’autore, anche a causa della narrazione in prima persona e dei numerosi elementi autobiografici. Soltanto pochi colsero il distacco ironico, la complessità e la sottigliezza con cui viene osservata e analizzata la tragica assurdità della vicenda di Alissa e Jérôme. La porta stretta è un’esplorazione negli abissi e nelle perversioni cui può condurre una pratica esasperata e sorda della virtù.