La pirateria informatica è cambiata, diventando un'arma delle nuove mafie e dei terroristi islamici. Parola di un grande ex, Kevin Mitnick, l’hacker più famoso del mondo, adesso pentito.
Negli anni Ottanta e Novanta è riuscito a intrufolarsi nei computer di aziende del calibro di Motorola, Nokia, Fujitsu. Ha rubato circa 20 mila carte di credito e ha usato per anni schede telefoniche illegali per chiamare gratis. È stato il primo hacker a finire nella lista dei criminali più ricercati dall'Fbi. Un'epopea che si è conclusa dietro le sbarre nel 1995, quando intorno a lui, e ai suoi poteri veri e presunti, era montato ormai un alone di leggenda. Adesso è passato dall’altra parte della barricata e nel suo nuovo libro, L'arte dell'intrusione racconta con il ritmo della crime story le prodezze informatiche delle nuove generazioni.
‟Il termine hacker è spesso usato dai media in modo improprio. Hacker, in senso generale, significa una persona molto in gamba con computer o altri terminali tecnologici. Sono quindi definibili hacker anche Steve Wozniak, uno dei fondatori di Apple, o Linus Torvalds, creatore di Linux: gente che non si sogna nemmeno di andarsi a infiltrare nei computer altrui. Nel mio nuovo libro ci sono invece storie di hacker specializzati nella violazione della sicurezza informatica, che cercano di superare le difese altrui. Sono quelli che sarebbe più corretto chiamare "cracker" o "hacker black hat": hacker che violano i illegalmente i computer altrui. Bene, questa gente adesso è molto più in voga rispetto a cinque o dieci anni fa…”.