“È appassionante letteratura civile, narrazione allo stato puro” Giuseppe Genna
Tra gli anni novanta e i primi anni duemila il traffico di sigarette nel basso Adriatico è stato un eccezionale laboratorio, grazie al quale la criminalità – non solo pugliese o italiana, ma internazionale – ha messo a punto un nuovo modo di delinquere, capace di fondersi e rendersi spesso indistinguibile dalla normalità “legale”. E Alessandro Leogrande lo aveva capito bene, tanto che, come spiega Gianfranco Bettin nella sua prefazione, “non è, questo, un libro di sociologia criminale, né un’inchiesta giornalistica (ancorché di questa abbia la leggibilità e la tempestività, e della prima abbia la capacità classificatoria e analitica). È, piuttosto, un convincente affresco storico e antropologico”.
Con l’attenzione, la puntigliosità e l’umanità che contraddistinguono tutta la sua opera, Leogrande svolge la propria inchiesta raccogliendo informazioni e testimonianze, spulciando leggi e sentenze, intervistando politici, magistrati e “manovali” del contrabbando: emerge così tutta la complessità strutturale di un’attività illegale sulle cui rotte sono passate prima le sigarette, poi armi ed esseri umani.
“Imprescindibile per comprendere le dinamiche del contrabbando, del capitalismo criminale che si trasforma in economia legale e cinetica finanziaria vincente.” Roberto Saviano