L’Oceano di plastica racconta la scoperta, da parte del capitano di marina Charles Moore, di una enorme massa galleggiante di rifiuti in pieno Oceano Pacifico. Moore vi incappò con il suo catamarano nel 1997 e da quel momento non ha più smesso di denunciarne l’esistenza agli enti preposti alla salvaguardia dell’ambiente e alle accademie scientifiche. Per farlo però è dovuto ritornare più volte in loco per raccogliere quante più evidenze scientifiche possibili perché la sua denuncia fosse presa seriamente. Questa specie di discarica fluttuante, chiamata Great Pacific Garbage Patch, ha l’estensione del Canada. È composta di rifiuti plastici, alcuni integri, altri ridotti a “zuppa” per l’azione dei raggi UV e dei processi chimici. Insomma, una distesa infinita di plastica, ormai sbriciolata in molecole sintetiche, intorno a cui nuotano e vivono milioni di pesci e animali marini di ogni genere, il cui nutrimento inevitabilmente si compone anche di quegli elementi tossici. Gli effetti sull’intera catena alimentare, e quindi anche su di noi, sono devastanti. Il racconto di questa incredibile scoperta permette a Moore altresì di descrivere, con mano felice, la vita segreta e le nascoste proprietà della plastica. Dai cartocci del latte alle molecole di polimeri, piccole abbastanza da penetrare la pelle umana o da essere inavvertitamente inalate, la plastica è sospettata di contribuire a una serie di malattie gravi tra cui infertilità, autismo, disfunzione della tiroide e alcune forme di cancro. Un libro che nell’ammonirci a ripensare radicalmente la nostra civiltà della plastica, al contempo ci sprona a una mobilitazione ecologista radicale.