“Poesia è quel che rimane nella testa e non si dimentica”
1939. Alla fine della Guerra civile, con la presa del potere da parte di Franco, migliaia di spagnoli sono costretti a fuggire. Tra loro, il giovane medico Víctor Dalmau e un’amica di famiglia, la pianista Roser Bruguera, lasciano Barcellona, attraversano i Pirenei e si rifugiano nei campi profughi di Bordeaux, in attesa. Finché Pablo Neruda non riesce a noleggiare il piroscafo Winnipeg, con l’obiettivo di portare più di duemila rifugiati politici spagnoli in Cile – il “lungo petalo di mare e neve”, nelle parole dello stesso poeta –, verso quella pace che non è stata concessa loro in patria. Fingendosi sposati, Roser e Víctor riescono a imbarcarsi e a raggiungere il Sud America, dove hanno la fortuna di essere accolti con generosa benevolenza e riescono presto a integrarsi, a riprendere in mano le proprie vite e a sentirsi parte del destino di quel nuovo paese. Finché, nel 1973, il golpe militare non farà cadere il presidente Salvador Allende. E allora, ancora una volta, Roser e Víctor saranno costretti all’esilio, in Venezuela. Tuttavia, come scrive l’autrice, “se si vive abbastanza, i cerchi si chiudono”.