Ultimo romanzo pubblicato in vita da Melville (1857), L'uomo di fiducia inscena sulle assi di un battello del Mississippi l'eterno dramma della caduta dell'uomo. La vicenda picaresca delle truffe di un ‟confidence-man”, un impostore che con sempre nuovi travestimenti si fa gioco della fiducia carpita agli sprovveduti viaggiatori, offre materiale e pretesto a un'amara parabola dei trionfi del Male su un'umanità resa arrendevole da incerte motivazioni e falsi idoli. La commedia in costume nel composito paesaggio umano del West nutre di colore locale un'allegoria della scena americana carica di un senso di incombente tragedia, e nutre una satira violenta dello spirito del tempo, che un tiepido Cristianesimo e in specie il Trascendentalismo informano all'ottimismo del ‟laissez faire” e all'indiscriminata fiducia nell'autosufficienza e nell'autorealizzazione. La Frontiera dell'epopea si palesa una terra di conquista e di rivalità rapaci, spazzata dal gelido vento dell'inganno e del pervertimento. La sua gente, ancor prima di essere preda dei raggiri dell'"uomo di fiducia", è vittima della propria intima debolezza spirituale: proclama la fratellanza ma esalta il principio della concorrenza, predica l'amore del prossimo ma discrimina le razze, crede nel progresso ma è succube della retorica e della superstizione, e insomma nel compiacimento di sé ha smarrito saldi valori con cui proteggersi dalle tentazioni e imposture del Male. In un libro che prende spessore dall'intreccio sottile dei vari livelli di significato, il motivo ironico e satirico confluisce nel tema etico-metafisico della lotta tra bene e male. Il mito della caduta è appunto la struttura profonda che dà unità a un romanzo così episodico e "irregolare", in cui la narrazione realistica si fa emblema di un'avventura mentale, la satira si amalgama all'allegoria e alla proiezione metafisica, secondo il procedimento tipico dell'arte melvilliana che risolve il gesto in linguaggio e l'azione in filosofia.