L'uomo flessibile

Le Conseguenze Del Nuovo Capitalismo Sulla Vita Personale

di Richard Sennett

Si parla tanto di "capitalismo flessibile", ma non sempre si dice cosa sia davvero, come agisca sulle concrete esperienze dei singoli e quanto influisca sulle biografie. Flessibilità, mobilità, rischio sono i fattori centrali del cambiamento nello scenario lavorativo contemporaneo. Finisce l'assistenzialismo, la burocrazia si riduce, l'economia si fa più dinamica, e la vita personale ne risente. Non esistono più stabilità e fedeltà all'azienda, che erano la forza del vecchio capitalismo; ora valgono incertezza, perenne innovazione, frenetico avvicendarsi di personale, ma non per questo scompaiono le forme di potere e controllo né le diseguaglianze nelle opportunità. Questo provoca nei lavoratori comuni senso di fallimento per l'incapacità di rispondere adeguatamente alle nuove sfide, mina alle radici la percezione di continuità dell'esistenza e della tradizione, erode l'integrità dell'io. Si manifesta una progressiva corrosione del carattere, le cui caratteristiche di stabilità, durata e permanenza sono in contrasto con la dinamicità, frammentarietà e mutevolezza del capitalismo flessibile. Lo si vede nei casi, narrati da Sennett, di Rico, figlio "arrivato" di immigrati italiani negli Stati Uniti. O di Rose, un'intelligente e insoddisfatta imprenditrice di mezza età. O dei fornai di un'ipertecnologica panetteria di Boston. E di molti altri come loro, protagonisti di questo illuminante e drammatico affresco delle micro-realtà quotidiane che sono il prodotto del nuovo capitalismo.
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Richard Sennett

Richard Sennett ha fondato il New York Institute for the Humanities e oggi insegna Urban studies alla London School of Economics e alla Harvard University. È Senior fellow presso il Center …

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  • Marchio: FELTRINELLI
  • Data d’uscita: 5 Novembre 1999
  • Collana: Campi Del Sapere
  • Pagine: 160
  • Prezzo: 19,63 €
  • ISBN: 9788807102783
  • Genere: Saggistica, Università
  • Traduttore: Mirko Tavosanis
Richard Sennett: Il lavoro non è più sinonimo di progresso

Richard Sennett: Il lavoro non è più sinonimo di progresso

‟Nel caso italiano credo che la sinistra pecchi di immaginazione, impegnata più nella resistenza e poco nella creazione di alternative. Capisco sia difficile intervenire in una situazione malata che non fa altro che peggiorare, ma mi colpisce anche la cattiva qualità della nuova generazione di manager italiani se comparata ai finlandesi, ai britannici e agli svedesi. La crisi manageriale è un segnale del declino del capitalismo italiano, ed è un brutto problema per la sinistra, perché si trova di fronte a un capitalismo malato, molto potente e duro da combattere. In Gran Bretagna il capitalismo è più dinamico ed è più facile ottenere vittorie. Lavoro e ricchezza non mancano, chiedere e ottenere forme di redistribuzione è più semplice e possibile. La situazione italiana è molto diversa: in una società in crisi è più difficile per i movimenti delle sinistra innovare e ottenere risultati.”

Richard Sennett presenta L'uomo flessibile

Un saggio che appassiona e si legge con il ritmo di un romanzo.
Richard Sennett è professore di Sociologia alla London School of Economics e alla New York University. Il suo libro muove interrogativi e costringe a una profonda riflessione i lavoratori di tutto il mondo. Riuscirà anche a unirli, almeno nella consapevolezza di quello che sta accadendo in nome del capitalismo flessibile?
Routine, flessibilità, mobilità, rischio, fallimento, etica del lavoro sono i temi affrontati in un'esauriente casistica. Emergono così le conseguenze corrosive che le traformazioni del lavoro hanno esercitato sulle personalità e gli stili di vita individuali.
Da tempo si è dato per acquisito che il lavoro contribuisca a formare l'identità della persona, che può dire a se stessa e agli altri chi è, attribuendosi una serie di etichette all'interno di un quadro di figure e posizioni riconosciute dalla società. Queste posizioni concorrono alla stabilità emotiva e infondono sicurezza, se introiettate attraverso un processo che prevede un investimento nel tempo. Il mutare sempre più rapido di quelle attività lavorative per definizione intese come temporanee, rompe queste logiche e impedisce la costruzione di progetti, ma soprattutto rende difficile "decidere quale dei nostri tratti merita di essere conservato all'interno di una società impaziente". Gli effetti di questi vorticosi mutamenti non si limitano ai singoli ma coinvolgono altre forme di vita organizzata, per esempio la famiglia, in virtù del variare delle modalità lavorative dei propri membri. Peggio ancora, il capitalismo flessibile toglie la dimensione vera della comunità: quella riassunta nella frase "chi ha bisogno di me?". Sempre più manca l'Altro, e ci si ritrova senza legami. La progressiva sparizione di ogni forma di destino condiviso corrode la personalità. "Ma," conclude Sennett, "un regime che non fornisce agli esseri umani ragioni profonde per interessarsi gli uni degli altri non può mantenere per molto tempo la propria legittimità".