Mai il mondo saprà

Conversazioni Sulla Moda

di Quirino Conti

La Moda – vale a dire la mutevole forma che assume il corpo vestito – è, paradossalmente, misteriosa. Nessuno ha mai provato a cucire la sua avventura mondana al più ampio orizzonte culturale in cui si muove, al suo mistero, al suo essere, sempre e comunque, ombra sensibile del Tempo. Compreso fra artigianato e industria, fra commissione e ispirazione, fra dipendenza e indipendenza, il lavoro del sarto ha sofferto, da sempre, una sorta di esilio culturale e le conseguenze di una penosa autosvalutazione. Quirino Conti parte da qui, da questo oscuro patimento (comune anche a coloro che hanno conosciuto il successo professionale e il trionfo mondano) per riconciliare la moda all’arte e più ampiamente alla cultura, forte della consapevolezza che quello che vediamo e quello che crediamo di sapere è solo ciò che lo spettacolo della Moda ci lascia sapere e vedere. Si tratta di andare oltre questo miraggio e di ricollegare il ‟vestire” all’eredità del gesto con cui Dio – episodio invero poco noto della Genesi – consegna ad Adamo ed Eva due tuniche di pelle per uscire dal Paradiso. (‟Gli abiti non ci appartengono, provengono infatti da un paradiso perduto.”)
Quirino Conti disegna i nessi storici che vedono la trasformazione del sarto in couturier, la bottega in atelier, il couturier in stilista, gli stilisti in fabbrica della Moda. Ricama fondamentali ‟considerazioni su una giacca”, divaga ‟sul leggero e sul pesante”, inventa categorie come ‟rottamatori”, ‟addobbatori”, ‟pleonastici”, ‟indistinguibili”, scrive pagine definitive sul ‟sesso della Moda” e raccoglie, come in una quadreria, ritratti memorabili di protagonisti memorabili: Balenciaga, Chanel, Saint-Laurent, Armani, Versace. E fa sentire, lungo tutto il percorso di queste ‟conversazioni”, come la Moda non sia altro che una continua postulazione di ‟modernità”, di uno stile che assomma e unifica reperti e intuizioni. La Moda è insomma ombra del Tempo. E a questa ‟ombra” Quirino Conti rende un tributo struggente di passione, immaginazione ed esperienza.
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Quirino Conti

Quirino Conti, “stilista occulto”, come lo ha definito Natalia Aspesi,
è architetto, scenografo, costumista.Con Feltrinelli ha pubblicato Mai il mondo saprà. Conversazioni sulla moda (2005).

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  • Marchio: FELTRINELLI
  • Data d’uscita: 17 Febbraio 2005
  • Collana: Varia
  • Pagine: 371
  • Prezzo: 19,50 €
  • ISBN: 9788807490347
  • Genere: Saggistica
Quirino Conti e Wlodek Goldkorn discutono di Mai il mondo saprà

Quirino Conti e Wlodek Goldkorn discutono di Mai il mondo saprà

In questo video girato a Mantova durante il Festivaletteratura, Quirino Conti discute del suo libro Mai il mondo saprà con il giornalista Wlodek Goldkorn. Si parla di moda, di cultura e dei legami tra gli abiti e il loro tempo. Una rilettura della storia della moda, un tentativo di riscoprire la bellezza e di viverla con una nuova sensibilità. La registrazione è avvenuta domenica 11 settembre 2005 presso la Casa del Mantenga.

Quirino Conti e Paolo Soraci presentano Mai il mondo saprà

Quirino Conti presenta, insieme a Paolo Soraci, Mai il mondo saprà, il libro che racconta i nessi incompresi che esistono fra un abito e la cultura del tempo o della breve stagione che l’ha visto indossato.
La registrazione è stata effettuata il 19 aprile 2005, a Milano, presso la libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte.

Il corpo come opera d'arte. Intervista a Quirino Conti

Evento ciclico e rituale, le sfilate di moda hanno almeno un pregio, quello di riportare l'attenzione su un mondo mitizzato ma anche da più parti osteggiato. Mentre il mondo ci sembra precipitare verso abissi di incomprensioni e di barbarie, a Milano sfila la moda del prossimo inverno. E sempre di più, privato del senso originario, quello di presentare alla stampa e ai compratori le nuove collezioni di stagione, l'appuntamento semestrale su cui convogliano gli interessi industriali, commerciali e di occupazione di manodopera è diventato una kermesse mondana che attira su di sé l'attenzione dei riflettori della trash tivù e dei giornali di gossip. Lasciando poco spazio perfino al lavoro degli stilisti, diventato marginale rispetto allo show di cui divette, celebrities e assessori non sono solo i protagonisti ma gli autori reali a vario titolo. Senza che, peraltro, gli stessi stilisti dimostrino la volontà di uno scatto d'orgoglio per il loro lavoro. Per fortuna, dice un atipico protagonista del design di moda Quirino Conti, "questo nulla toglie all'importanza della moda. Anche se quello che noi vediamo e quello che crediamo di sapere è solo ciò che lo spettacolo della moda ci lascia vedere e sapere. Invece, nonostante tutto, c'è più senso di quanto ci appare, perché la moda è una continua postulazione di modernità, di un sempre nuovo presente. E in molti casi è la parte visibile del tempo che passa, la sua ombra". Architetto che di mestiere fa lo stilista occulto, chiamato anche l'intellettuale della moda perché oltre a citare disinvoltamente Proust, Cocteau e Paul Bowles ha disegnato abiti che hanno vestito un Falstaff memorabile all'Opera di Ginevra, il Socrate di Vincenzo Cerami al Piccolo di Milano, il Don Giovanni del Teatro dell'Opera di Roma, ma ancor di più - mentre era liceale - il Don Chisciotte di Orson Welles, Conti ha appena Mai il mondo saprà. Conversazioni sulla moda. Un libro che sembra, allo stesso tempo, la dichiarazione di una struggente passione e un atto d'accusa, nato per "un'opera di bene", quella di tentare di far riconciliare la moda con l'arte e con la cultura.

La moda? Che cult(ura)! Intervista a Quirino Conti

‟La moda esisterà sempre, è l'ombra visibile del tempo che passa. Quando la vediamo troppo da vicino non ne cogliamo la modernità. Anche gli antichi greci pensavano che ci fosse stata un'età dell'oro, un tempo migliore prima del loro… Quando vedo l'alta moda di Chanel creata da Lagerfeld, Dior da Galliano, vedo espressioni altissime di cultura. Come una visita agli Uffizi: non c'è nulla da consumare, non serve a niente, se non alla nostra anima. Un abito di Alexander McQueen è un "raccatto" come un'opera di Kounellis. Miuccia Prada è dodecafonica. L'insieme non c'è più, viene decostruito e ricostruito. Ed è modernità.”