Mansfield Park

Fra tutte le disgrazie che possono affliggere una fanciulla, quella toccata a Fanny Price è di gran lunga la peggiore: è povera; e per di più senza un’educazione o altre doti in grado di suscitare l’interesse di potenziali mariti. Trasferitasi da bambina a vivere dai ricchi zii nella lussuosa tenuta di Mansfield Park, Fanny cresce in un mondo che le è totalmente estraneo e in cui nessuno si sforza di farla sentire accolta. Tranne Edmund, il più riflessivo e assennato tra i cugini, che, solo, sembra comprendere le difficoltà e la solitudine della ragazza. Questo almeno fino a quando nelle loro vite non appare la figura di Henry Crawford, uomo dai modi assai disinvolti, specie nei confronti delle signore, e soprattutto quando il padrone di casa è assente. Con queste premesse, non c’è da stupirsi che la situazione precipiti... E Fanny? Fanny non perde l’occasione di sentirsi in colpa: dopotutto, se avesse accettato la proposta di matrimonio di Henry, le cose sarebbero andate come dovevano andare, in modo “normale”. Ma la storia di Fanny non è fatta per avere esiti scontati, e si staglia nella produzione di Austen come uno dei romanzi più maturi, dove l’ironia della scrittura si confronta con temi di grande complessità morale.