Prolifico scrittore cileno, poeta, saggista e giornalista, Dorfman intraprende un viaggio nell'estrema regione settentrionale del Cile, attraverso l'Atacama, il deserto più arido del mondo, accompagnato da sua moglie Angelica. Il Norte Grande, quest'enorme regione desertica, aveva dato al Cile contemporaneo ‟tutto ciò che aveva di buono e tutto ciò che aveva di male”, scrive Dorfman nella sua brillante esplorazione di uno dei meno conosciuti e più esotici angoli del mondo. Per diecimila anni il deserto era stato setacciato alla ricerca d'argento, ferro e rame, ma fu la scoperta del nitrato, nel diciannovesimo secolo, a trasformare il Cile in un paese moderno e a promuovere la colonizzazione del deserto. La ricchezza nata con lo sfruttamento delle miniere aveva portato alla costituzione di una florida classe borghese che si godeva la vita nelle regioni più temperate del paese, e aveva fatto nascere contemporaneamente le terribili iniquità e disuguaglianze che ancora oggi turbano il paese. Il Norte Grande è anche la regione che ha visto nascere le prime democrazie e i primi movimenti socialisti cileni, nutrendo figure epiche come Salvador Allende o tristemente famose come Augusto Pinochet. Nel raccontare il suo ritorno alle ‟origini”, Dorfman inserisce elementi della sua esperienza di scrittore e narratore, facendo rivivere le città di frontiera, una volta sede di ‟bordelli e bar pieni di fumatori d'oppio e giocatori d'azzardo”, oggi città fantasma visitate solo ‟dai mulinelli di sabbia trasportati dalle tempeste di vento che spazzano il deserto”. Ma c'è anche il poeta che colora il deserto di una serie infinita di sfumature che vanno dalla terra cotta, al grigio, al bruno. C'è infine l'attivista, impegnato nella difesa dei diritti umani, che traccia l'immagine dei ‟desaparecidos”, mentre cerca la tomba del suo amico Freddy Taberna, ucciso dalle squadracce di Pinochet in un remoto campo di concentramento del paese.