Filippo e la famiglia si stanno preparando a un viaggio in Brasile. Se da una parte il mese di vacanza è l’occasione per un riconsolidamento dei legami familiari (la moglie Carolina e il primo figlio di lei sono brasiliani), dall’altra le due settimane che Filippo si è ripromesso di trascorrere a Novas Minas con padre Jose rappresentano il confuso progetto di dare un senso alla crisi esistenziale e spirituale che lo agita senza trovare via d’uscita. Filippo è un manager di successo, cattolico praticante, un capofamiglia consapevole, un figlio che prodiga attenzioni al padre sospeso sull’abisso di una morte che non arriva. È tutto questo, ma è anche un dirigente piegato alla logica del profitto, un cristiano mediocre, un marito sleale, un padre e patrigno distratto e forse superficiale. Così lo sentiamo raccontato dalle voci dei figli, così lo vediamo agire nelle vicende che precedono il viaggio e che rivelano una realtà affettiva sfilacciata e compromessa. A Novas Minas, 1000 km a nord di San Paolo, padre Jose combatte il degrado e la povertà creati dalle multinazionali con l’autorevolezza di chi ha saputo radicarsi fra la gente e con la severa generosità dell’uomo di fede. Filippo si destreggia fra la sua condizione di ospite privilegiato e la tentazione di osare più profonde complicità. Vorrebbe mettere al servizio dell’amico Jose le sue competenze e al contempo vorrebbe disfarsene. Il desiderio di cambiamento lo costringe a guardare nel vuoto che l’ha guidato fino a lì, e a cercare di colmarlo. È di fronte a una vera svolta o ha solo fatto un viaggio fra i dannati della Terra?