“Che questo dolore si arresti e che nessun altro dolore nasca. Io mi sto impegnando per questo.”
La più famosa tra le opere paracanoniche del buddhismo, la raccolta delle “domande di Milinda”, affronta, attraverso l’antica forma del dialogo, tutti i principali elementi fondanti della dottrina buddhista. Protagonisti ne sono il re indogreco Menandro I, il cui nome in pali è appunto Milinda, e il monaco Nagasena, pronto a rispondere alle questioni con cui il sovrano lo incalza. Con sagacia e facendo spesso ricorso a similitudini e parabole, Nagasena aiuta il re conquistatore a comprendere la filosofia buddhista, anche nei suoi concetti più complessi, come la non esistenza dell’anima, la natura del sé permanente, il karma, il nirvana, le qualità da sviluppare per raggiungere l’illuminazione e quelle, negative, che legano al ciclo delle rinascite. Molti sono gli esempi tratti dall’esperienza quotidiana, arricchiti da citazioni da sutra, brani del Vinaya, biografie delle vite anteriori del Buddha. Le domande di Menandro-Milinda rispecchiano le curiosità e i dubbi che si pone qualunque laico all’incontro con il buddhismo: la morale, la fede, la consapevolezza, la saggezza, la genesi e l’estinzione del dolore. Tutte questioni che si trovano anche nei testi canonici del buddhismo, ma che nel Milindapañha sono esposti con una chiarezza e una leggibilità ineguagliate, oltre a costruire un documento del buddhismo delle origini.