“Ho conosciuto la donna che sussurrava ai bambini. Anche a quelli che siamo stati noi.” Chiara Gamberale
Se qualcuno vi chiedesse quando si diventa adulti, cosa rispondereste? Siamo sicuri che indipendenza economica, lavoro, un tetto sulla testa, razionalità di pensiero siano condizioni sufficienti per potersi definire tali? Finché non prendiamo in carico la nostra infanzia, finché non la guardiamo, curiamo, risarciamo, ascoltiamo, adulti non lo diventeremo mai. Prenderla in carico non significa tenere in vita il bambino che siamo stati, al contrario: vuol dire guardare con lucidità indietro, nel viaggio iniziale che ha formato quello che siamo ora. Ci permette di ridare i giusti pesi e restituire ciò che non ci appartiene. Questo non è un lavoro interiore riservato a chi ha figli, tutt’altro, è un’immersione necessaria a chiunque, perché l’infanzia è una condizione umana imprescindibile per tutti noi e il segreto delle nostre esistenze è proprio laggiù, nella scatola nera e quartier generale del nostro esserci. Da lì tutto è cominciato e, quando ci perdiamo, è esattamente lì che dobbiamo tornare. Solo così potremo capire davvero chi siamo ora, se siamo padroni della nostra vita, e scoprire come metterci al suo timone.