La storia si sviluppa nel breve lasso di tempo di un weekend, che la protagonista e principale voce narrante trascorre nella casa delle vacanze della sua infanzia in procinto di essere ceduta ai nuovi proprietari. Lei stessa confessa di essere tornata per guardarsi e ascoltare le voci dei suoi genitori. Ne nasce un intreccio di memorie solo apparentemente caotico che va a formare una genealogia degli affetti e ricostruisce minuziosamente gli universi familiari. Un fratello sordomuto nato da una relazione extraconiugale della madre, un altro fratello tornato dall’Angola, l’adorata amica d’infanzia, il matrimonio infelice, i sentimenti irrisolti, tutt’intorno una galleria umanissima di personaggi secondari e, come sempre nei romanzi di Lobo Antunes, oggetti e animali che assumono temporanee valenze antropomorfe per farsi a loro volta partecipi delle vicende umane.
Non è mezzanotte chi vuole è un romanzo sull’universo domestico dove, con arte, i fili tenui del melodramma si incrociano, facendone da contrappunto alla grande tragedia dell’esistenza.
Dopo cena scendevo sulla banchina per ascoltare le onde nel buio, pensavo indicandone una
– Quella è la mia vita
e subito dopo un’altra vita, e un’altra, e un’altra, fra non molto nessuno si ricorderà di me, la certezza di venire dimenticata mi spaventava perché, non essendo, non ero mai stata e, se non ero mai stata, chi è esistito al mio posto, chi esiste fino a oggi al mio posto, consuma il mio pasto, dorme nel mio letto, usa il mio nome e scomparirà contemporaneamente a me...