In un futuro non troppo lontano, dopo una guerra che – ovviamente – è stata l’ultima, l’America vive nel benessere grazie all’impiego su vasta scala della meccanizzazione. Le macchine hanno sostituito l’uomo in ogni lavoro manuale e forse stanno per prendere il suo posto anche nelle attività intellettuali. La società è divisa in due. Da un lato un pugno di tecnici e manager, che proprio durante l’ultima guerra hanno imparato a produrre senza le maestranze richiamate sotto le armi. Dall’altro tutti coloro che il basso quoziente d’intelligenza condannava a un lavoro manuale che oggi non esiste più. Il cittadino medio americano, gratificato da modeste e standardizzate comodità, è confinato in un ghetto, lontano dalle fabbriche automatizzate, difese come fortezze, dove dominano incontrastati le macchine e i loro signori. Sotto questa blanda dittatura di tecnici e manager freddi e razionali come le macchine che hanno brevettato, l’americano medio vive una vita senza scopo. È un rottame, uno scarto del processo industriale, e più nessuno sembra aspettarsi da lui un gesto di ribellione. Sarà il tecnocrate più giovane e promettente, Paul Proteus, il
primo ad avere qualche dubbio sulla validità della propria missione. Infiltrato
dai suoi capi in una bislacca setta rivoluzionaria, dopo un vano tentativo di
evadere dalla realtà rifugiandosi in un sogno pastorale, Proteus sfugge al loro
controllo e diventa rapidamente il capo dei congiurati. I cittadini si
sollevano e si gettano su quello che credono il loro nemico: la civiltà delle
macchine. Ben presto, tuttavia, si accorgeranno che l’obiettivo era sbagliato.
La civiltà ha bisogno delle macchine
e i ribelli, incapaci di cavarsela senza il loro aiuto, si vedranno costretti a
ricostruirle. Colpire i tecnocrati, non le macchine: questa era la linea da
seguire. Proteus l’aveva intuito, ma ormai è troppo tardi. La rivoluzione è
sconfitta e la morsa dei tecnocrati si stringe intorno a lui.
La lezione di Vonnegut è chiara: i rivoluzionari non sono stati battuti dai
loro nemici, ma dagli uomini che sognavano di liberare. Erano stati questi i
primi ad accusare il sistema e a proclamarsi schiavi delle macchine, mentre
senza quel sistema e senza quelle macchine non avrebbero potuto vivere. È una
lezione amara, e significa che l’uomo ha, in fondo, quello che vuole. Prima di
poter cambiare il mondo, dovrà imparare a cambiare se stesso.