La chiave del libro è nel considerare Silvio Berlusconi come un
fenomeno non strettamente italiano, ma come il prodotto di una degenerazione
della democrazia in atto in tutto il mondo occidentale: dall'America di
Bush e del caso Enron, alla Francia in cui la sinistra vota in massa per
Chirac trascurando l'opposizione a Le Pen, all'Inghilterra
pseudolaburista di Blair, all'Austria di Haider fino all'Olanda di
Fortuyn. Berlusconi è il sintomo italiano di una malattia mondiale che si
può individuare in buona parte nel dominio assoluto del denaro sulla
politica e nel liberismo sfrenato. In questa visione, il governare
esclusivamente per i propri interessi, l'uso sistematico della menzogna,
la demonizzazione degli avversari, lo screditamento di tutte le istituzioni
e i poteri autonomi, la furia di produrre a ogni costo leggi nuove che
eliminino le tracce del sistema precedente, sono l'espressione di un'anomalia
italiana che sta dentro la generale anomalia di tutte le democrazie
occidentali.
Mentre alcuni aspetti del fenomeno Berlusconi possono apparire
folcloristici, la sua sostanza non lo è affatto, ma è anzi l'anticamera
di una qualche forma postdemocratica di società che non sarà probabilmente
un regime con tanto di lager e polizia segreta, ma neppure la società
aperta che sembrava a portata di mano dopo la fine della Guerra fredda.