‟Super Soldier” aveva nove anni quando fu sequestrato in Sierra Leone dai ribelli del Fronte unito rivoluzionario (Ruf). Allora, siamo nel 1996, qualcuno ebbe l’ardire di raccontargli che avrebbe dovuto combattere per il bene dei suoi genitori. Peccato che furono proprio quei sanguinari aguzzini a massacrare l’intera sua famiglia. ‟Super Soldier” trovava il coraggio per uccidere fumando qualche sigaretta di jamba, un’erba micidiale, di quelle che bruciano il cervello. Nel 1998 tenterà di fuggire ma verrà catturato nuovamente due giorni dopo. Per punizione gli furono impressi a fuoco sul petto i caratteri del ‟Ruf”. Nessuno sa che fine abbia fatto ‟Super Soldier” ora che nel suo paese è scoppiata la pace. Questa è una delle tante storie raccontate da Giulio Albanese in questo libro sul dramma dei bambini-soldato in Uganda e in Sierra Leone; due realtà segnate da un comune denominatore: la sofferenza inferta su un’umanità ancora imberbe, con un’inusitata voglia di vivere che rende le loro storie ancora più agghiaccianti. I paesi africani descritti dall’autore sono stati devastati dalla violenza e rappresentano due key-studies per coloro che si battono contro l’arruolamento dei minori ovunque nel mondo. Stando ai dati forniti dalla coalizione ‟Stop all’uso dei bambini-soldato”, sono più di trecentomila i minori di diciotto anni attualmente impegnati in conflitti nel mondo. Centinaia di migliaia hanno combattuto nell’ultimo decennio, alcuni negli eserciti governativi, altri nelle armate di opposizione. La maggioranza di questi hanno tra i quindici e i diciotto anni ma ci sono reclute anche di dieci anni e la tendenza è verso un abbassamento dell’età e decine di migliaia di ragazzi corrono ancora il rischio di diventare soldati.