Chiamarle “storielle” è cosa seria – come seri sono sempre i giochi –, perché in verità questi racconti, con una vena umoristica che percorre tutto il libro, invitano a meditare, e con il lettore – proprio come fa il titolo – giocano continuamente: lo spiazzano, ne spostano lo sguardo sollevandolo dalla quotidianità o, al contrario, spingendolo nelle pieghe dei giorni per osservarli al microscopio.
Racconti filosofici, insomma, ma “da prendere con le pinze”, così come con le loro chele il Signor Granchio e il Signor Scorpione, dialogando fra loro di letteratura, deprecano l’abitudine degli uomini a scrivere solo di uomini, aprendo il ventaglio delle possibilità narrative a tutti i regni: animale, minerale, vegetale, con l’aggiunta del mirabile spettrale – il regno dei fantasmi. Ed ecco allora un saporito susseguirsi di storie di uomini ma anche di gatti e di batteri, di mosche che mangiano divani, ecco congiure di ceneri e spettri di soldati caduti in battaglia, ecco capre che fanno innamorare e fiori che emigrano in Norvegia.
Luigi Lo Cascio, confermando il suo talento di scrittore e forte di una tradizione letteraria che va da Landolfi a Buzzati e da Kafka a Borges, dà voce alle nostre più grandi paure e alle piccole ossessioni, denudandole e portandole all’estremo, al punto da renderle paradossali e grottesche – quando non, per contro, liriche e commoventi.
Abbiamo intorno un mondo per salvarci, ma raramente ci facciamo caso.