Il 1966 è un anno decisivo per Londra. A partire dal 1963, la capitale britannica è una città in fibrillazione, un centro di innovazioni a tutto campo – nella musica, nella moda, nella fotografia, nel cinema, nel costume. Nel mondo si impara a vestirsi come vogliono le boutique londinesi, si ascolta la musica che nasce nei club e che si trasforma in epidemia globale, le immagini di artisti e fotografi precedono la società che cambia e la Pop Art si fonde con i gesti e i modi della vita dei giovani. In tre anni la swinging city riesce a toccare l’immaginazione di tutto il mondo.
Michelangelo Antonioni arriva a Londra per preparare il suo nuovo film Blow-up, proprio nel gennaio del 1966. Quando cominciano le riprese, a fine aprile (protagonista un giovane fotografo di moda, uno di quei maghi dell’immagine che Antonioni, con rara preveggenza, definisce allora ‟i nuovi persuasori”), il regista è ben consapevole che sta ‟registrando” una rivoluzione in atto, una rivoluzione che avviene grazie al gioco, alle idee, alla creatività, alla spudoratezza di un manipolo di persone geniali, libere da vincoli di classe, da priorità accademiche e da inibizioni culturali.
Da quella Londra, e da quel film, è discesa una ‟follia” che ha contaminato tutto. E il mondo non è più lo stesso.