Oggi la figura di Lenin sembra appartenere a una dimensione
temporale irrimediabilmente datata, a un’epoca che non ha più nulla in comune
con il nostro presente. Al contrario, ci si dovrebbe chiedere se questa siderale
distanza che percepiamo con l’opera del dirigente rivoluzionario russo non sia
il sintomo che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella nostra epoca
e se questa sua mancanza di "sincronia" con i nostri giorni non
nasconda in realtà una mancanza di "sincronizzazione" della nostra
epoca, testimoniando che un’importante dimensione storica sta scomparendo
dalla nostra vista. Questo libro è sicuramente il tentativo più originale
riscontrabile nei dibattiti contemporanei di riparlare di Lenin evitando le due
alternative tra le quali sembra collocato: le retoriche politiche
socialdemocratiche e dei diritti umani da una parte, il destino del Gulag quale
esito di ogni politica comunista dall’altra. Per Ziek si tratta invece di
capire se il Lenin che teorizzava l’azzardo di ogni politica rivoluzionaria e
il ritorno alla riflessione teorica non abbia ancora molto da dirci su un
capitalismo che si presenta con il volto della massima libertà per spogliare di
ogni autentica libertà e che, fagocitando tutto ciò che potrebbe metterlo in
crisi, trasforma ogni attacco alla sua stabilità in opportunità per
ridefinirsi.