“La sua lingua è quella dell’eresia, degli sbagliati; sta all’opposizione” Michele Masneri
Sorta di specchio ed equivalente dell’esistenza, il teatro di Testori affronta i nodi ineludibili della condizione umana. Nella Trilogia degli scarozzanti ritroviamo, riscritte e trasfigurate, tre opere fondamentali della drammaturgia occidentale: Amleto e Macbeth di Shakespeare e l’Edipo di Sofocle. Testori entra in questi testi e li trasforma, distillandone i motivi che percorrono e agitano da sempre la sua riflessione umana e artistica: ed ecco quindi, nell’Ambleto, un discorso portato all'estremo sulla sessualità e sul senso del nascere; nel Macbetto, un furioso interrogarsi sul potere come male e sul suo legame originario e inscindibile con la vita; nell’Edipus, infine, la parabola di un soggetto portatore inconsapevole di valori alternativi rispetto a quelli costituiti, manifestazione di un conflitto tra padre e figlio e di un anelito al ricongiungimento con il ventre materno, legato al ciclico rinnovarsi della natura. Per reinventare questo teatro, Testori dà vita a una lingua straordinaria, “gloriosamente e oscenamente viva, allestita con i resti di tutte le lingue morte o agonizzanti del mondo” – secondo la definizione di Raboni. È l’idioma degli scarozzanti, appunto, compagnia itinerante di guitti, stracciona e sublime nella sua degradazione, che, insieme alle opere di Shakespeare e Sofocle, mette in scena se stessa e il proprio tragico presente.