‟Lei ha mai tradito una donna?”
‟Sì, certo. Vivere è tradire.”
Settembre inoltrato. Un uomo e una donna, in una notte fonda prossima all’alba, si incontrano per caso sulla spiaggia di un lago. Non si conoscono e non sanno di essere lì per la stessa ragione: farla finita. Giulio ha fatto un’ultima puntata al casinò. Sandra ha perduto un figlio. Lui, ‟cinico incompleto”, creditore immaginario incapace di un rapporto diretto con la realtà, vince le iniziali resistenze lasciandosi affascinare dal dolore concreto di quella donna che ride per spaventare la paura e definisce l’amore ‟una cosa semplice”. Complice la notte, il luogo si popola di altre presenze precarie (due uomini che gettano nel lago un cadavere chiuso in un sacco; una prostituta e il suo cliente che si appartano in un angolo della spiaggia per consumare un sesso frettoloso) e Giulio e Sandra hanno poche ore per raccontarsi qualcosa delle loro vite e, forse, per cambiare idea.
Scritto in ‟bianco e nero”, con incisività drammatica e mirabile senso del grottesco, Tutto il freddo che ho preso mette in scena un’umanità dolente che si incrocia – come in una resa dei conti del destino - in un luogo quasi metafisico, in attesa dell’alba, in attesa che qualcosa si rompa, che qualcosa succeda. E che infatti succede.