Vi sono questioni pubbliche. Esse richiedono, per la loro identificazione e soluzione, i metodi dell'economia e della sociologia, del diritto e della scienza politica o, a seconda dei gusti, dell'antropologia, della psicologia e della storia. Tuttavia, esse possono avere anche una importante dimensione filosofica. Un resoconto razionale delle implicazioni filosofiche delle nostre questioni pubbliche (e, soprattutto, della discussione politica intelligente su esse) è difficile ma non impossibile né, credo, futile.
Penso che il lettore o la lettrice colgano senza fatica una differenza possibile fra i seguenti quattro enunciati: "preferisco Woody Allen a Alberto Sordi"; "Cristo dà senso alla mia vita"; "ritengo insostenibile l'onere che stiamo scaricando sulle generazioni future"; "l'alto tasso di disoccupazione è uno dei problemi da mettere al primo posto nell'agenda dei governi". A differenza dei primi, gli ultimi due enunciati implicano un riferimento a questioni pubbliche.
Si tratta di problemi che toccano la nostra sorte condivisa di cittadinanza, indipendentemente dalle nostre lealtà ultime, dal significato che diamo alla vita e dalle nostre biografie con il loro corteo di preferenze più o meno idiosincratiche nel tempo: problemi che concernono, o possono concernere, 'chiunque'. E' di problemi di questo genere che, nella sua prospettiva appropriata, si occupa la 'filosofia pubblica' o, come sosterebbero Carlo Cattaneo e Norberto Bobbio, la filosofia civile.