‟Non c’è più vergogna”, così almeno si dice, e si tende a pensare che con la vergogna sia venuto meno anche ogni senso della dignità e dell’onore. Ma le emozioni non scompaiono, tutt’al più si trasformano. Muta il modo di esprimerle, muta la loro rilevanza individuale e sociale ma, pur nella loro metamorfosi, accompagnano sempre azioni, pensieri, scelte, giudizi di ciascuno. Allora dove si è nascosta e quali forme assume oggi la vergogna? Quando ci si vergogna? E di che cosa? E perché si è affermata la ‟vergogna rimbalzata”, quella che come un anatema ci si scaglia contro l’un l’altro? Mai come negli ultimi anni, soprattutto in Italia, si è fatto ricorso alla parola ‟vergogna”, ma questa ha perso ogni sua connotazione semantica. Non si sa più che cosa significhi e diviene l’ultimo insulto alla moda contro avversari politici, concorrenti in affari, nemici, comunque gli altri. Di fatto non esistono società senza vergogna, poiché è un’emozione fondamentale per i legami sociali, ma anche per l’esercizio del potere. In questo volume si analizza come, nella società contemporanea, la frammentazione dell’insieme sociale, la spettacolarizzazione, l’iperindividualismo misto al nuovo conformismo del ‟così fan tutti” hanno dato vita a una sorta di vergogna ‟fai-da-te”. Emozione che sembra nascere non dalle azioni che si compiono ma solo in rapporto alle prestazioni, al timore di risultare inadeguati nell’esibizione di sé. Gabriella Turnaturi, attraverso l’analisi di fatti di cronaca, testi letterari, film, interviste, svela i molti volti della vergogna contemporanea in relazione ai mutamenti delle sensibilità e dei valori condivisi, e ne indica un possibile uso positivo. Il timore della sofferenza che la vergogna comporta può avere infatti una funzione preventiva mentre a posteriori può innescare ridefinizioni di noi stessi e del nostro modo di essere con gli altri e, soprattutto, quando si accompagna all’indignazione induce a prendere la parola, ad agire contro ingiustizie e diseguaglianze.